“Ciampi is my hero!”, “Ciampi è il mio eroe!”. Era il lontano maggio del 1998 e a confidarsi con un collega italiano – forse non se ne ricorderà nemmeno – nei giorni della nascita dell’euro era Lionel Barber, da anni direttore del Financial Times e a quei tempi corrispondente da Bruxelles per la stessa testata. Da dove arrivava la grande ammirazione del giornalista inglese per l’emerito presidente italiano, allora ministro dell’economia del Governo Prodi e prima ancora governatore della Banca d’Italia? Dall’opera di risanamento a tappe forzate che aveva portato a sorpresa l’Italia nell’euro nella prima ondata di Paesi? Ma no! Soprattutto da una battuta che Carlo Azeglio Ciampi aveva pronunciato nella lunga notte in cui si fece l’euro, il 2 maggio ’98, e che Barber aveva appreso da “autorevoli fonti”. Una frase pronunciata nella decisiva riunione ristretta a Palazzo Borschette dove allora si ritrovavano ministri e governatori della nascente eurozona, lasciando i giornalisti a nutrirsi di patatine fritte e a bivaccare sui marciapiedi di Place Jourdan. Nel momento più caldo del meeting il presidente della Bundesbank, Hans Tietmeyer, continuava ad intervenire per strappare una parità più favorevole alla Germania e mettere all’angolo l’Italia, togliendo la parola al ministro delle Finanze Theo Waigel. A un certo punto Carlo Azeglio Ciampi, con al fianco il governatore Antonio Fazio e come unico “supersherpa”, l’allora direttore generale del Tesoro, Mario Draghi, sbottò: “Mi scusi, presidente Tietmeyer, ma io sono stato governatore di una banca centrale per tanti anni e posso dirle che questa è una decisione che spetta ai ministri, non ai banchieri centrali”. Dicono che Tietmeyer da quel momento restò muto. Per questo “Ciampi si my hero” spiegava un divertito Barber. E forse anche Jens Weidmann – che dopo la nascita della Bce ha in realtà molti meno poteri del suo predecessore Tietmeyer – potrebbe avere di che meditare.
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